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Il Pallagrello al centro di un progetto di valorizzazione






Il Pallagrello, uno dei vini del casertano che ha intrecciato negli anni la sua storia con quella dei Borbone, si apre oggi a nuovi orizzonti grazie a un progetto che sarebbe nato ad agosto da alcuni produttori delle colline Caiatine. L'obiettivo dell'iniziativa è quello di fare da viatico a varie forme di consociazione tra i produttori della zona. Prima di scoprire nello specifico di cosa si tratta però, è d'obbligo spendere qualche riga sulla storia del Pallagrello, il cui nome viene dal dialetto 'u pallarell, ovvero pallina. Già noto ai romani che lo avrebbero utilizzato per produrre il Falernum, pare sia giunto nelle nostre terre ai tempi ancor più antichi della colonizzazione greca. Esso è uno tra i pochissimi vitigni in Italia ad avere il chicco d'uva sia nero che bianco.

Coltivato per secoli sulle Colline Caiatine, ad appena una quindicina di km dall'uscita Caserta Nord dell'autostrada Roma-Napoli, raggiunse così buona fama da poter entrare nella Vigna del Ventaglio, fatta piantare dai Borbone a San Leucio, dove venivano coltivate le uve più pregiate del Regno. La Vigna del Ventaglio aveva frma semicircolare con dieci settori di vigna costituiti da filari a raggiera in rappresentanza di dieci uve del regno delle Due Sicilie ed ogni settore aveva la sua lapide in marmo travertino con su inciso il nome del vitigno: solo i due vitigni di Pallagrello bianco e nero erano campani.

Si narra del Pallagrello bianco capace di far ammattire Re Ferdinando, grande amante dei piaceri della tavola; il Re ebbe particolare attenzione per questa qualità di vino, tanto da emanare un editto col quale si vietava a chiunque di attraversare una masseria vitata a Pallagrello estesa 27 moggi (l'equivalente di 9 ettari ca.) "nè di notte quanto di giorno con lume o senza, nè a piedi nè a cavallo, nè con carretti o some, sotto pena di ducati 50". Questo poichè il Pallagrello è un vino molto delicato e poco produttivo, infatti negli anni '30 con l'arrivo della fillossera fu messo da parte come tante altre varietà autoctone della Campania, in favore di vitigni più resistenti. Così questo vino pregiato rimase solo in piccole vigne e spesso confuso con altri vitigni come l'Aglianico o il Coda di volpe bianco e nero.

Fece poi la sua ricomparsa negli anni '90, quando due avvocati di Caserta con l'hobby delle ricerce enogastronomiche all'insegna della tradizione, ritrovarono presso alcuni contadini quel vino antico. Dopo aver impiantato una vigna essi iniziarono a vinificare in purezza le due qualità di Pallagrello. L'operazione ebbe successo e già nei primi anni del 2000 si espiantarono giovani vigneti di Aglianico e Cabernet a vantaggio del Pallagrello.

E giungiamo così a parlare del progetto sopra accennato. Si tratta della realizzazione di un cortometraggio artistico, ormai nella fase finale del montaggio,  composto da una parte recitativ e artistica e da una parte didascalica e documentaristica arricchita dalle immagini del territorio al fine di mostrare le bellezze dell'entroterra casertano e ad esaltare le suggestioni legate alla tradizione borbonica dell'antico vitigno.

Il punto vincente dell'idea sta nel fatto che il cortometraggio è piacevole da seguire e facilmente diffondibile attraverso i sempre più numerosi canali di comunicazione creatisi attraverso i social networks. Vi furono tre produttori a cominciare il tutto, poi il gruppo si ingrandì strada facendo; l'ideatrice principale del progetto è una donna, Paola Riccio Alepa, attualmente però è la Camera di Commercio ad averne preso le redini mentre tutti i produttori di Pallagrello saranno presto sponsor dell'iniziativa.

"Abbiamo dovuto superare un pò di resistenze" - dichiara Paola - "ma la nostra esigenza è di raggiungere un pubblico più diffuso, cercare nuovi consumatori e di creare una maggiore consapevolezza in coloro che già conoscono il vitigno e ne bevono i vini. Abbiamo scelto di farlo raccontando la pregevolezza dello stesso, non solo per le sue carateristiche intrinseche, ma è anceh in agione della riconducibilità  a una storia antica e a un territorio che custodisce bellezze naturalistiche, storiche e architettoniche senza eguali e del recupero e la diffusione di uan storia e una cultura millenarie chesono il patrimonio delle popolazioni che abitano quei luoghi". Restiamo dunque tutti in atesa del cortometraggio augurandoci una pubblicità sempre maggiore a questo valido prodotto made in Sud.

Chiara Foti

http://www.comitatiduesicilie.it


 

2012-10-19
Fonte: COMUNICATO STAMPA

 
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